Lo sbadiglio accademico

Poiché ogni quid ha un prius, tutto è rigorosamente fondato. Tale legge è valida anche rispetto al convegno accademico, in quanto l’istituzione d’alto sapere necessita d’un fondamento. Qualcuno potrebbe credere (legittimamente, s’intende) che il convegno si fondi e debba fondarsi sul quel solido piano che l’etimo suggerisce: cum-venire. Esso si fonderebbe, insomma, sul dialogo di idee (a patto che i generatori di idee siano sempre gli stessi, ma questo rimanderebbe a Federico II, motivo per cui ci fermeremo qui, in corsia d’emergenza).
Dicevamo, dunque, dell’urgenza di reperire un prius dell’accademico convenire, diciamo il fundamentum incocussum della sua forma istituzionale. Non lo si riscontra, di certo, nei fervori simposiaci propri del fare di certi platonici. Alcuna garanzia ci offre nemmanco il ritenere fondanti le dinamiche del quodlibet medioevale. Peculiarità del dialogo di idee dell’accademia contemporanea, di solito, è quella di un salto ulteriore rispetto al passato: si è riusciti ad intrecciare dialoghi di idee senza idee. Il dialogo si è, insomma, privato del suo oggetto. Del resto, chi ci obbliga al contenuto, se ci si può liberamente limitare al contenente?
Ci avviciniamo, dunque, al riscontro. Secondo i dettami della legge dell’evidenza lasciataci dal buon Cartesio, il fondamento di cui siamo in cerca, tra uno sguardo e l’altro, dovrebbe apparire. Dunque, lettori: quale elemento è mai assente al convenire di cattedratici in odore di ambita e fasta pensione? Cosa non manca mai alle tavole rotonde (fossero anche quadrate) dell’istituzione d’alta cultura del Duemila? Ripensate alle pose da spiaggia libera, alle mani ciondolanti dalle poltrone della platea. Ripensate all’occhio socchiuso dell’audente e a quello dell’orante, costantemente rivolto all’orologio.
Cercavamo il fundamentum, dunque. L’abbiam trovato nello sbadiglio.